"Le dico che questa Commissione dovrebbe essere la garanzia che non si dovrà andare a toccare il sistema ogni tre anni anche in futuro". Queste sono le parole riportate nell'intervista di Tribuna del 07 ottobre ad Alessandro Bugli, esperto nel settore previdenziale e membro della commissione appena nominata dal Governo per studiare la riforma della previdenza.
Parole che Civico10 condivide in pieno. Dopo la riforma del 1983, che ha avuto una durata più che ventennale (come si conviene ad un buon sistema previdenziale) è iniziato infatti il delirio: un intervento nel 2005, uno nel 2008, uno nel 2011, ora un altro in previsione. Senza contare le dissennate politiche del Governo che, attraverso i prepensionamenti dei dipendenti PA, sta spostando gli oneri dal bilancio dello Stato al fondo pensioni, caricandoli quindi sui giovani e anticipando la necessità di ulteriori riforme per assicurare la sostenibilità.
Tra l’altro ci teniamo a sottolineare il fatto che a fronte di grandi sacrifici imposti ai giovani nulla, o quasi, è stato richiesto a chi ha potuto godere, oltre che di un’età pensionabile decente, di importi insostenibili a fronte di quanto versato e di privilegi insopportabili, fra cui la possibilità di avere anche un reddito da lavoro come per i pensionati a regime Stato. Il tutto sotto l’egidia inappellabile del “diritto acquisito”.
Non potrebbe esserci nulla di più sbagliato. Una riforma previdenziale deve avere una durata almeno ventennale, dare certezza ai lavoratori, essere sostenibile e robusta al variare delle condizioni demografiche, senza necessità di continue correzioni. E deve essere soprattutto equa, facendo leva su un vero e proprio “patto generazionale” per non caricare sui giovani tutti gli oneri dell'invecchiamento della popolazione. Quello che invece non sta succedendo oggi, con i giovani si trovano a dover versare sempre di più, andare in pensione sempre più tardi e prendere sempre meno.
Il modello da cui San Marino dovrebbe prendere esempio, secondo Civico10, è quello svedese. Modello in cui l'equità è assicurata da una pensione universale, in parte uguale per tutti, che garantisce a qualunque cittadino anziano un tenore di vita dignitoso e in cui la sostenibilità nel tempo è garantita dall'aggiustamento automatico delle aliquote, senza necessità di altri interventi.
Un modello dove la pensione è la somma di tre parti:
1) una appunto universale e uguale per tutti che eroga una prestazione minima a tutti gli anziani per assicurargli un tenore di vita degno, finanziata dalla fiscalità generale;
2) una a ripartizione con calcolo contributivo, dove l'ammontare della pensione dipende dai contributi versati lungo tutta la vita (così si evitano anche fenomeni di "improvviso" aumento del reddito negli ultimi anni di lavoro) e dall'andamento dell'economia;
3) una a capitalizzazione, come il nostro secondo pilastro.
Un sistema che protegge dal bisogno, assicura un tenore di vita dignitoso a tutti, è sostenibile nel tempo perché basato sul calcolo contributivo e permette anche un investimento finanziario (tramite la parte a capitalizzazione).
Impariamo, per una volta, dai migliori. Lo possiamo fare, se c'è la volontà.
Comunicato stampa Civico 10
Parole che Civico10 condivide in pieno. Dopo la riforma del 1983, che ha avuto una durata più che ventennale (come si conviene ad un buon sistema previdenziale) è iniziato infatti il delirio: un intervento nel 2005, uno nel 2008, uno nel 2011, ora un altro in previsione. Senza contare le dissennate politiche del Governo che, attraverso i prepensionamenti dei dipendenti PA, sta spostando gli oneri dal bilancio dello Stato al fondo pensioni, caricandoli quindi sui giovani e anticipando la necessità di ulteriori riforme per assicurare la sostenibilità.
Tra l’altro ci teniamo a sottolineare il fatto che a fronte di grandi sacrifici imposti ai giovani nulla, o quasi, è stato richiesto a chi ha potuto godere, oltre che di un’età pensionabile decente, di importi insostenibili a fronte di quanto versato e di privilegi insopportabili, fra cui la possibilità di avere anche un reddito da lavoro come per i pensionati a regime Stato. Il tutto sotto l’egidia inappellabile del “diritto acquisito”.
Non potrebbe esserci nulla di più sbagliato. Una riforma previdenziale deve avere una durata almeno ventennale, dare certezza ai lavoratori, essere sostenibile e robusta al variare delle condizioni demografiche, senza necessità di continue correzioni. E deve essere soprattutto equa, facendo leva su un vero e proprio “patto generazionale” per non caricare sui giovani tutti gli oneri dell'invecchiamento della popolazione. Quello che invece non sta succedendo oggi, con i giovani si trovano a dover versare sempre di più, andare in pensione sempre più tardi e prendere sempre meno.
Il modello da cui San Marino dovrebbe prendere esempio, secondo Civico10, è quello svedese. Modello in cui l'equità è assicurata da una pensione universale, in parte uguale per tutti, che garantisce a qualunque cittadino anziano un tenore di vita dignitoso e in cui la sostenibilità nel tempo è garantita dall'aggiustamento automatico delle aliquote, senza necessità di altri interventi.
Un modello dove la pensione è la somma di tre parti:
1) una appunto universale e uguale per tutti che eroga una prestazione minima a tutti gli anziani per assicurargli un tenore di vita degno, finanziata dalla fiscalità generale;
2) una a ripartizione con calcolo contributivo, dove l'ammontare della pensione dipende dai contributi versati lungo tutta la vita (così si evitano anche fenomeni di "improvviso" aumento del reddito negli ultimi anni di lavoro) e dall'andamento dell'economia;
3) una a capitalizzazione, come il nostro secondo pilastro.
Un sistema che protegge dal bisogno, assicura un tenore di vita dignitoso a tutti, è sostenibile nel tempo perché basato sul calcolo contributivo e permette anche un investimento finanziario (tramite la parte a capitalizzazione).
Impariamo, per una volta, dai migliori. Lo possiamo fare, se c'è la volontà.
Comunicato stampa Civico 10
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