Poche lacrime e tanti sorrisi sui volti che, un anno fa, dicevano addio a Don Oreste Benzi, morto a 82 anni. E’ la gioia il ricordo comune, il filo che unisce chi parla del prete degli "ultimi", il sacerdote che ha dedicato tutta la sua vita agli emarginati. “Ci ha insegnato a sognare in grande” hanno detto. Abbiamo percorso un pezzo di strada tenuti per mano da un Santo di Dio che ci ripeteva sempre “il segno più evidente che si vive in Gesù è la gioia”.
Questo prete, all’apparenza dimesso (era stato tanto povero da non avere i soldi per la talare, sostituita da un camice nero che poi divenne la sua caratteristica) era un combattente nato che spesso assumeva posizioni sgradite ai palazzi della politica, da lui fortemente contestati perchè poco rispettosi delle norme etiche su temi come l'aborto, la dignità della famiglia, la lotta a fenomeni come la droga e la prostituzione. Considerava le proposte per una legalizzazione diretta o indiretta dell'eutanasia il sintomo di una vera "volontà distruttiva". Per i rom era arrivato a chiedere il riconoscimento come "minoranza etnica da tutelare".
La sua creatura, l’Associazione Papa Giovanni XXIII, continua a vivere. E’ presente in decine di paesi dei cinque continenti con volontari impegnati a favore della vita non ancora nata, dell'infanzia abbandonata, delle prostitute, gli zingari, i tossicodipendenti, i barboni, i malati di mente. Tutti i rifiutati della società. L’associazione si occupa anche di obiezione civile, di sette occulte, anziani, giustizia internazionale, carcerati, assistenza dignitosa ai malati di cancro. E’ lui l’uomo che Benedetto XVI ha definito “un infaticabile apostolo della carità”.
Questo prete, all’apparenza dimesso (era stato tanto povero da non avere i soldi per la talare, sostituita da un camice nero che poi divenne la sua caratteristica) era un combattente nato che spesso assumeva posizioni sgradite ai palazzi della politica, da lui fortemente contestati perchè poco rispettosi delle norme etiche su temi come l'aborto, la dignità della famiglia, la lotta a fenomeni come la droga e la prostituzione. Considerava le proposte per una legalizzazione diretta o indiretta dell'eutanasia il sintomo di una vera "volontà distruttiva". Per i rom era arrivato a chiedere il riconoscimento come "minoranza etnica da tutelare".
La sua creatura, l’Associazione Papa Giovanni XXIII, continua a vivere. E’ presente in decine di paesi dei cinque continenti con volontari impegnati a favore della vita non ancora nata, dell'infanzia abbandonata, delle prostitute, gli zingari, i tossicodipendenti, i barboni, i malati di mente. Tutti i rifiutati della società. L’associazione si occupa anche di obiezione civile, di sette occulte, anziani, giustizia internazionale, carcerati, assistenza dignitosa ai malati di cancro. E’ lui l’uomo che Benedetto XVI ha definito “un infaticabile apostolo della carità”.
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