L'annuncio – del via all'offensiva militare anticurda - è stato dato dallo stesso Erdogan, che l'ha definita un'operazione “anti-terrorismo”. Obiettivo i miliziani dell'ala siriana del PKK, considerati dal presidente turco una minaccia esiziale. Che le cose si stessero mettendo male, per i curdi dell'enclave di Afrin, lo si era capito da giorni: alla frontiera, infatti, continuavano ad affluire carri armati, blindati e ribelli filo-turchi. Poi il ritiro degli osservatori militari russi: segno del via libera del Cremlino. Nella notte il via all'operazione turca, supportata da pesanti bombardamenti aerei. Secondo alcuni analisti, a determinare questa situazione, sarebbe stata la scelta curda di rifiutare la mano tesa di Damasco, accettando invece la protezione degli Stati Uniti. Ma che Washington intenda volgere le armi contro un membro NATO, come la Turchia, è davvero ipotesi poco credibile. Ankara, dal canto suo, ha sottolineato che intende rispettare l'integrità territoriale della Siria, il cui Esercito – proprio oggi – ha messo a segno un colpo decisivo, nell'offensiva contro la roccaforte jihadista di Idlib. Dopo aspri combattimenti è stato infatti riconquistato l'aeroporto di Abu Duhur: da 4 anni in mano a milizie fondamentaliste, che avevano massacrato i soldati catturati. Totalmente in sicurezza, a questo punto, una via di comunicazione di importanza vitale, come quella che collega Hama ad Aleppo. Completamente accerchiata, inoltre, la parte est della sacca: dove si trovano ancora numerose bande dell'ISIS e di al Qaeda.
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