Scene di guerra sullo schermo, di inseguimenti e sparatorie, di morti e feriti. Un’aggressività solo virtuale, che però può diventare violenza reale. Ricerche internazionali, presentate in un seminario a Roma, emettono il verdetto: i videogiochi violenti stimolano l’aggressività dei ragazzi e concorrono a creare futuri adulti violenti. La fascia d’età più vulnerabile è quella evolutiva, tra i 7 e i 19 anni: due ore al giorno di videogiochi è la soglia di rischio, oltre la quale si può parlare di abuso. Eppure il fenomeno è in piena espansione: 24 miliardi di euro è il giro d’affari del mercato mondiale dei software per videogiochi previsto per il 2004, e in Italia le vendite sono aumentate del 17%, nel triennio 2002-2004.
Ma cosa accade in un cervello sovraesposto alle immagini di violenza? Secondo la dottoressa Luisa Zavoli, psicologa e dirigente del servizio minori di San Marino, il problema è proprio la quantità, l’eccesso di stimoli cui il cervello viene sottoposto. Immagini violente scatenano forti reazioni emotive, ma quando c’è sovraccarico, l’organismo crea delle barriere per difendersi, fino a che non è più in grado di distinguere i gradi di gravità. Non c’è più risonanza emotiva rispetto all’evento, ciò che si vede, per quanto tragico, non crea più emozione. L’inaridimento emotivo porta ad una vera difficoltà di discernimento, ed anche le azioni più gravi appaiono normali. A San Marino eseguire una casistica sull’aggressività è difficile: al servizio minori, spiega la dottoressa Zavoli, sono stati segnalati casi di bambini violenti, ma è impossibile collegare l’aggressività ad una sola causa scatenante.
Ma cosa accade in un cervello sovraesposto alle immagini di violenza? Secondo la dottoressa Luisa Zavoli, psicologa e dirigente del servizio minori di San Marino, il problema è proprio la quantità, l’eccesso di stimoli cui il cervello viene sottoposto. Immagini violente scatenano forti reazioni emotive, ma quando c’è sovraccarico, l’organismo crea delle barriere per difendersi, fino a che non è più in grado di distinguere i gradi di gravità. Non c’è più risonanza emotiva rispetto all’evento, ciò che si vede, per quanto tragico, non crea più emozione. L’inaridimento emotivo porta ad una vera difficoltà di discernimento, ed anche le azioni più gravi appaiono normali. A San Marino eseguire una casistica sull’aggressività è difficile: al servizio minori, spiega la dottoressa Zavoli, sono stati segnalati casi di bambini violenti, ma è impossibile collegare l’aggressività ad una sola causa scatenante.
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