Le retribuzioni dei dirigenti pubblici arrivano in aula sotto forma di decreto. L'ultimo in esame e il più atteso. Il governo apporta diversi emendamenti e anticipa che le nuove retribuzioni, a regime, consentiranno un risparmio di circa mezzo milione di euro. Al momento, ricorda il segretario Venturini, rimangono una ventina, dei 50 attuali, i dirigenti che hanno scelto di mantenere la vecchia retribuzione. Inoltre introduce la retribuzione di risultato che prima era compresa nella busta paga generale. “Se andiamo a vedere le numerose reiterazioni – interviene il consigliere Upr Lonfernini - capiamo che la maggioranza non è in grado di produrre una adeguata sintesi e tutt'ora al suo interno ci sono analisi difformi”. Più in generale l'opposizione lamenta la mancanza di un prospetto comparativo tra vecchia e nuova retribuzione. “Soprattutto mantiene - dice - una forma di discrezionalità e non raggiunge l'obiettivo del risparmio”. Più colorito l'intervento del consigliere socialista Pedini Amati, “non è possibile che la Reggenza prenda molto meno di un dirigente”. Su due emendamenti del governo si solleva anche la perplessità dell'ex segretario agli Interni Valeria Ciavatta, motivata dalla non coerenza con la lettera e lo spirito della legge, dal momento che prevede costi aggiuntivi. In ogni caso, nessuna sorpresa dalle votazioni: approvati finora gli emendamenti della maggioranza, respinti quelli di Sinistra Unita e Civico 10. Il decreto è stato approvato con 31 voti favorevoli e 22 contrari. Il parlamento ha poi ripreso l'esame delle Istanze d'Arengo.
gb
gb
Riproduzione riservata ©