Libera professione medica: tutti protestano ma il governo non sente! Ancora non è definitiva la sua approvazione (ma lo sarà tra qualche giorno) e già la Legge per le libere professioni mediche dimostra tutte le sue falle. Continuano le mancate occasioni di confronto da parte del governo non solo con la cittadinanza, ma anche con i diretti interessati della Legge. Sono infatti gli stessi liberi professionisti a ribadire un secco NO alla Legge sulle libere professioni mediche, proposta dal Segretario Mussoni come primo passo di una politica sanitaria che rischia di destabilizzare i servizi primari per i cittadini, quelli relativi alla salute. Ordine dei Medici, veterinari professionisti e Commissione Nazionale delle libere professioni, nei loro recenti comunicati, esprimono totale disaccordo verso una legge che favorisce la disuguaglianza e il conflitto di interesse, mettendo a rischio singole categorie e qualità dei servizi, ma soprattutto creando un pericoloso precedente per una Pubblica Amministrazione che è già abbastanza sotto pressione senza che si vadano a proporre ulteriori privilegi! Come mai queste lamentele giungono a percorso legislativo quasi concluso? Semplice: perché non c'è stato alcun confronto. I liberi professionisti non sono stati interpellati né coinvolti nella stesura della Legge. E’ molto significativo il fatto che proprio la Commissione per le Libere Professioni richieda il ritiro della normativa per poter avviare quel percorso di confronto che in un paese democratico dovrebbe rappresentare la normalità ed anzi il punto di forza di una Repubblica (Res Publica-questione di tutti). Invece nulla, il Segretario, supportato dal governo, persevera testardamente nella sua totale chiusura. Allo stesso modo è significativa la posizione dell'Authority Sanitaria rispetto al disegno complessivo che sta delineandosi attraverso la stesura del Piano Sanitario: il modello del 1955 (modello sanitario gratuito
e universale) verrà stravolto dall'inserimento del ticket sanitario per farmaci e prestazioni (ticket che il Segretario Mussoni camuffa sotto il nome di “contributo”, ma la sostanzia non cambia: rimane un ticket), senza nemmeno la considerazione di un'esenzione per le fasce più deboli. Inoltre, come si può parlare di fabbisogno del personale senza conoscere i dettagli del Piano Sanitario in via
di stesura? L'Authority fa dunque appello al primario diritto della salute. Il disegno si conclude con nuove definizioni di commistione tra pubblico e privato su un modello destinato a creare pazienti di prima e seconda classe, a seconda della capacità di “contribuire” per curarsi. Basterebbe vedere i risultati di questo modello in Lombardia per rendersi conto dei rischi. Eppure ci viene detto che tutto questo è necessario perché il sistema attuale non è più sostenibile economicamente. Bene, allora perché non iniziamo a tagliare, come ci indica anche la spending review, nelle indennità del personale pubblico, corrispondente a 5,5 milioni di euro, cioè il 12% delle spese totali dell'ISS? Questo tipo di tagli, assieme ad un sistema che favorisca l'avanzamento di carriera non più per anzianità ma per merito e competenza, permetterebbe di mantenere alto il livello qualitativo dei servizi, senza far ricadere sui cittadini le colpe di sprechi insostenibili. Ma se questa Legge, che secondo il governo dovrebbe regolare la libera professione, scontenta persino i liberi professionisti privati, chi saranno i beneficiari reali? Vediamo infatti che i beneficiari saranno persone
che godono già di un sicuro e garantito stipendio. Primari, responsabili e vertici ISS guadagnano in media dai 70.000 ai 100.000 euro all’anno (stipendi pubblicati su Libertas anno 2012).
Sono dunque queste le fasce che il governo intende tutelare?
Ringraziamo (sarcasticamente) ancora una volta dunque per la lungimiranza e la capacità di coinvolgere i cittadini e l'opposizione, accusata nell'ultimo Consiglio di far perdere tempo ed annoiare la maggioranza a causa di troppe domande, determinando così l'uscita dall’Aula, come forma di protesta, di 2 Consiglieri di RETE. Vorremmo che il governo capisse che è proprio il mancato confronto in tempi adeguati che genera ulteriori domande. Le stesse domande che si stanno ponendo i veterinari e l'Ordine dei medici, costretti ad esprimere sulla stampa quel dissenso che nasce proprio da un mancato confronto con il governo, e che
legittima appieno la loro richiesta di ritiro della Legge. RETE ribadisce la propria contrarietà a questa maniera unilaterale di procedere, controproducente per lo stesso governo, che sembra essere tuttavia esserne divenuta un marchio di fabbrica. Si è partiti da un fittizio confronto in una Legge di Sviluppo che, dopo essersi rivelata un copia incolla è stata stravolta in Consiglio, con il risultato di essere inattuabile per gli stessi uffici che dovrebbero applicarla. Per non parlare del documento esecutivo sulla Spending Review consegnato in tutta fretta in Consiglio un giorno per l'altro; di una Patrimoniale non condivisa; di una Riforma Tributaria i cui cambiamenti rispetto al primo testo sono
già da settimane nelle mani di sindacati e associazioni di categoria (su ammissione stessa dell'ANIS), perciò appositamente tenuti nascosti all'opposizione! Ma se tutte queste operazioni fossero davvero così essenziali, come più volte ribadito dal governo anche in Aula, per mantenere l'assetto economico del paese, come mai
tutta questa reticenza nel condividerne i documenti? Facciamo dunque appello a quella parte di maggioranza che sappiamo non condividere questo approccio, affinché non se ne renda complice e dia un forte segnale di reale condivisione coi cittadini votando NO al progetto di legge sulle libere professioni mediche, fornendo così l'opportunità di un confronto tra le parti come auspicato dalle più elementari regole della democrazia.
Movimento R.E.T.E.
Rinnovamento Equità Trasparenza Ecosostenibilità
www.movimentorete.org
e universale) verrà stravolto dall'inserimento del ticket sanitario per farmaci e prestazioni (ticket che il Segretario Mussoni camuffa sotto il nome di “contributo”, ma la sostanzia non cambia: rimane un ticket), senza nemmeno la considerazione di un'esenzione per le fasce più deboli. Inoltre, come si può parlare di fabbisogno del personale senza conoscere i dettagli del Piano Sanitario in via
di stesura? L'Authority fa dunque appello al primario diritto della salute. Il disegno si conclude con nuove definizioni di commistione tra pubblico e privato su un modello destinato a creare pazienti di prima e seconda classe, a seconda della capacità di “contribuire” per curarsi. Basterebbe vedere i risultati di questo modello in Lombardia per rendersi conto dei rischi. Eppure ci viene detto che tutto questo è necessario perché il sistema attuale non è più sostenibile economicamente. Bene, allora perché non iniziamo a tagliare, come ci indica anche la spending review, nelle indennità del personale pubblico, corrispondente a 5,5 milioni di euro, cioè il 12% delle spese totali dell'ISS? Questo tipo di tagli, assieme ad un sistema che favorisca l'avanzamento di carriera non più per anzianità ma per merito e competenza, permetterebbe di mantenere alto il livello qualitativo dei servizi, senza far ricadere sui cittadini le colpe di sprechi insostenibili. Ma se questa Legge, che secondo il governo dovrebbe regolare la libera professione, scontenta persino i liberi professionisti privati, chi saranno i beneficiari reali? Vediamo infatti che i beneficiari saranno persone
che godono già di un sicuro e garantito stipendio. Primari, responsabili e vertici ISS guadagnano in media dai 70.000 ai 100.000 euro all’anno (stipendi pubblicati su Libertas anno 2012).
Sono dunque queste le fasce che il governo intende tutelare?
Ringraziamo (sarcasticamente) ancora una volta dunque per la lungimiranza e la capacità di coinvolgere i cittadini e l'opposizione, accusata nell'ultimo Consiglio di far perdere tempo ed annoiare la maggioranza a causa di troppe domande, determinando così l'uscita dall’Aula, come forma di protesta, di 2 Consiglieri di RETE. Vorremmo che il governo capisse che è proprio il mancato confronto in tempi adeguati che genera ulteriori domande. Le stesse domande che si stanno ponendo i veterinari e l'Ordine dei medici, costretti ad esprimere sulla stampa quel dissenso che nasce proprio da un mancato confronto con il governo, e che
legittima appieno la loro richiesta di ritiro della Legge. RETE ribadisce la propria contrarietà a questa maniera unilaterale di procedere, controproducente per lo stesso governo, che sembra essere tuttavia esserne divenuta un marchio di fabbrica. Si è partiti da un fittizio confronto in una Legge di Sviluppo che, dopo essersi rivelata un copia incolla è stata stravolta in Consiglio, con il risultato di essere inattuabile per gli stessi uffici che dovrebbero applicarla. Per non parlare del documento esecutivo sulla Spending Review consegnato in tutta fretta in Consiglio un giorno per l'altro; di una Patrimoniale non condivisa; di una Riforma Tributaria i cui cambiamenti rispetto al primo testo sono
già da settimane nelle mani di sindacati e associazioni di categoria (su ammissione stessa dell'ANIS), perciò appositamente tenuti nascosti all'opposizione! Ma se tutte queste operazioni fossero davvero così essenziali, come più volte ribadito dal governo anche in Aula, per mantenere l'assetto economico del paese, come mai
tutta questa reticenza nel condividerne i documenti? Facciamo dunque appello a quella parte di maggioranza che sappiamo non condividere questo approccio, affinché non se ne renda complice e dia un forte segnale di reale condivisione coi cittadini votando NO al progetto di legge sulle libere professioni mediche, fornendo così l'opportunità di un confronto tra le parti come auspicato dalle più elementari regole della democrazia.
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